Fanino Fanini e Andrea Relencini riformatori romagnoli
Fanino Fanini e Andrea Relencini riformatori romagnoli
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Fanino Fanini
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Fanino Fanini, propriamente Camillo Fannio (Faenza, 1520 – Ferrara, 22 agosto 1550), è stato un artigiano italiano. Protestante, fu impiccato e bruciato sul rogo da Ercole II d'Este per ordine dell'Inquisizione romana.
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1 Biografia
2 Note
3 Bibliografia
4 Collegamenti esterni
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Fu il primogenito di Melchiorre, un agiato fornaio, e di Chiara Brini, che avranno anche i figli Giuseppe, che si farà prete, e Bianca.
Nel 1542 Fanino sposa Barbara Barboncini dalla quale ebbe i figli Giovanni Battista e Giulia. Alla morte del padre, avvenuta intorno al 1546, ne eredita - secondo le volontà del testamento paterno - tutti i beni proseguendone l'attività.
Non è noto quando e per quali influenze il Fanini abbia abbracciato le nuove idee riformate: generalmente si cita la predicazione dell'Ochino che fu a Faenza nel 1538, o la lettura di testi come il Beneficio di Cristo di Benedetto Fontanini e Marcantonio Flaminio, del 1543, o la Tragedia del libero arbitrio di Francesco Negri, del 1546.
Scoperta la sua attività di propaganda, fu arrestato nel 1547 e processato dall'inquisitore Alessandro da Lugo; grazie all'abiura – provocata, secondo i biografi, dalle preghiere dei familiari - fu graziato e bandito da Faenza. Non interruppe però la predicazione: insieme con i compagni di fede Barbone Morisi, Giovan Matteo Bulgarelli, Alessandro Bianchi e Nicola Passerino continuò a diffondere le idee riformate per le città della Romagna, finché non venne arrestato nel febbraio 1549 a Bagnacavallo, cittadina della Romagna estense, dove era entrato in contatto con le suore del locale convento di Santa Chiara.
Dall'interrogatorio di sette suore, che si definiscono luterane, emergono i nomi dei suoi compagni e i contenuti della sua dottrina: egli nega l'eucaristia, la messa, gli ordini sacerdotali – perché solo sacerdote è Cristo – il culto dei santi, oltre alle varie pratiche della recita del rosario e del digiuno.
Ercole II d'Este, quarto duca di Ferrara
L'Inquisizione di Roma chiese subito la consegna del Fanini, ponendo al duca Ercole II non pochi problemi, volendo egli essere disponibile nei confronti del papato ma insieme ribadire i propri diritti giurisdizionali; il 9 marzo 1549 intervenne a favore del Fanini il conte Camillo Orsini, noto capitano di ventura, proponendo al duca di consegnare a Parma il Fanini. Ercole II rispose a Roma il 26 marzo 1549 che intendeva processarlo a Ferrara costituendo però un tribunale del quale avrebbero fatto parte non solo l'inquisitore di Ferrara Girolamo Papino, un domenicano, un minorita e un rappresentante della curia ferrarese, ma anche tre consiglieri di corte.
Renata di Francia, duchessa di Ferrara
Fanini fu perciò processato a Ferrara e il 25 settembre 1549 fu condannato a morte come eretico relasso,[1] ma gli interventi a suo favore non cessarono: furono ancora Camillo Orsini, sua nuora Lavinia della Rovere e la poetessa Olimpia Morata, oltre alla duchessa Renata, a intercedere presso il duca per ottenere la liberazione di Fanini.
Salvare la vita a Fanini rimaneva nel potere di Ercole II il quale tuttavia, sottoposto a continue pressioni da Roma e minacciate ritorsioni sul suo ducato per via della moglie Renata, sospetta da tempo di eresia calvinista, preferì farsi rilasciare dal papa Giulio III un breve che autorizzava l'esecuzione della condanna a morte di Fanini: questi rifiutò anche di abiurare - l'ultima possibilità di salvarsi la vita - e il 22 agosto 1550 fu impiccato, il cadavere fu arso e le ceneri furono gettate nel Po.
Giulio della Rovere, esule milanese in Svizzera e pastore di Poschiavo, scrisse un ampio resoconto della tragica vicenda nel suo scritto Esortazione al martirio, esaltando nel Fanini l'esemplarità della vita e la fermezza nel momento della morte. Riferisce anche di scritti di Fanini - a noi sconosciuti - sostenendo che «molte delle sue opere sono insieme confuse, senza alcuna distinzione; ma chi le volesse distinguere potrebbe cominciare dalle sue Epistole, e pigliare le spirituali e farne quattro copiosi libri. Di altri varii suoi scritti composti in prigione, si possono comodamente fare tre libri. Vi sono poi queste opere da lui medesimo ordinate, due trattati della proprietà di Dio, due trattati della confessione, due trattati del modo di conoscere Gesù, il fedele dell'empio, cento sermoni sopra gli articoli della fede, dichiarazioni sui Salmi, dichiarazioni su Paolo, dispute contro l'Inquisitore, consolazione ai suoi parenti sopra i casi suoi, avvisi delle cose della sua vita. Vanno attorno alcuni sonetti spirituali a lui attribuiti, e un componimento di merito, che non si trovano ne' suoi scritti [...] ponea nel cominciamento di ciascheduna sua scrittura: non moriar sed viviam et narrabo opera domini».
Note[modifica | modifica wikitesto]
^ Dizionario Treccani: «relapso (o relasso) [...] per estens., nel medioevo, chi ricadeva nell'eresia o nel peccato, abbracciando dottrine considerate eretiche dopo averle abiurate.»
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
Francesco Negri, De Fanini Faventini, ac Dominici Bassanensis morte […] brevis historia, [Chiavenna?], [Landolfi?], 1550.
Giulio della Rovere, Esortatione al martirio, Ginevra, 1552.
Giuseppe Paladino (a cura di), Opuscoli e lettere di riformatori italiani del '500, Bari, Laterza, 1927.
Alfredo Casadei, Fanino Fanini da Faenza. Episodio della Riforma protestante in Italia, in «Nuova Rivista Storica», XVIII, 1934, pp. 168–95.
Frederic C. Church, I riformatori italiani, Firenze, Sansoni, 1935.
Delio Cantimori, Prospettive di storia ereticale italiana del Cinquecento, Bari, Laterza, 1960.
Lucia Felici, Fanini Fanino, in «Dizionario biografico degli Italiani», 44, Roma, Istituto dell'Enciclopedia italiana, 1991, pp. 589–92
Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]
L. Felici, «Fanini, Fanino (Fannio Camillo)», in Dizionario Biografico degli Italiani, volume 44, Roma, istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1994.
Fanini, Fanino (o Fannio, Camillo), in Dizionario del pensiero cristiano alternativo, sito eresie.it. URL visitato il 25 maggio 2013.
FANINO FANINI
evangelico faentino per la sua fede impiccato ed arso
Fanino e noi: introduzione di Giorgio Bassi
La biografia di Lucia Felici (dal Dizionario Biografico degli Italiani)
La nota bibliografica
Fanino e noi
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Introduzione di Giorgio Bassi
Quali siano state le vicende della vita di Fanino Fanini lo diranno le pagine che seguono, tratte dal Dizionario Biografico degli Italiani. Si tratta di una voce ben documentata e consapevole di una bibliografia non sterminata, ma consistente.
A me dunque spettano alcune riflessioni iniziali.
Non ho una particolare predisposizione per la storia patria o storia locale (comunque la si definisca), devo perciò confessare che il mio interesse per Fanino è stato suscitato dai due faentini che nel nostro secolo hanno legato il loro nome ai casi dell’ eretico suppliziato a Ferrara. Due uomini certo non unanimemente amati dai concittadini loro contemporanei. Si tratta di un prete, Francesco Lanzoni e di un laico, Giovanni Cattani. Entrambi, in tempi e in modi diversi, si sono occupati di Fanini. Anzi, a mio modo di vedere, proprio il giudizio morale su un personaggio come Fanino è ciò che più li accomuna.
Cattani provava un sentimento di grande affinità spirituale per Lanzoni. Aveva anche fatto in tempo a conoscerlo di persona, da bambino e, in seguito, morto il sacerdote nel 1929, fin dagli anni dell’università, aveva iniziato ad occuparsene come studioso. Curò infatti, tra l’altro la pubblicazione de L’itinerario spirituale di Francesco Lanzoni, per i tipi di Lega (1). Ne fece inoltre un ritratto davvero coinvolgente nelle sue Note faentine (2). In queste ultime ribadisce con decisione l’attaccamento totale e incondizionato di Lanzoni all’ortodossia cattolica, pur nel travaglio della coscienza. Il laico Cattani difende appassionatamente il prete Lanzoni dall’accusa di modernismo che gli fu portata a più riprese e in forme non sempre leali (per usare un eufemismo).
Ne La controriforma nella città e diocesi di Faenza (3) è dedicato a Fanino l’ottavo capitolo. Lanzoni, pur componendo un’opera storica di grande valore per la nostra città, quali che siano le opinioni di chi la legge (ma non si deve dimenticare, credo, che la sua appartenenza alla comunità scientifica internazionale è legata soprattutto alla sua opera di dottissimo agiografo), non smentisce mai di farlo dal punto di vista di un prete cattolico. E mi pare che questo confermi l’opinione di Cattani riportata in precedenza. Ad esempio parlando della conversione di Fanino alle dottrine protestanti usa il termine "pervertimento" (4), in altro punto definisce "rinnegati" i religiosi che hanno abbandonato la Chiesa di Roma per la Riforma. Ancora maggior valore va perciò attribuito al brano qui sotto riportato:
"La tragica fine del giovane fornaio faentino [si tratta ovviamente di Fanini] desta commiserazione e pietà. Certo egli non abbracciò le idee dei novatori per darsi a vita libera e sensuale, come facevano parecchi preti e frati suoi contemporanei; né, perseguitato e cercato a morte, per evitare il carcere e l’estremo supplizio fuggì dall’Italia e riparò in Svizzera, come fra Ochino e altri rinnegati, ma rimase in patria e pagò di persona. Fanino, come parecchi suoi compaesani, fu giovane ardente, entusiasta e coraggioso, fornito di naturale facondia e non ignaro delle lettere e della poesia. Egli accettò i sistemi teologici d’oltralpe e se ne fece appassionato e animoso propagatore, forse più per dispetto contro l’ignavia, l’ignoranza e i vizi intollerabili del clero contemporaneo che per altre ragioni. Morì con forza d’animo e con serenità" (5).
A parte le considerazioni iniziali che sono di sostanziale apprezzamento morale (anche se la scelta di Fanino viene presentata inevitabilmente come una scelta "in negativo" contro i vizi del clero e non come una convinzione in positivo) la chiusa di questo paragrafo suona senza alcun dubbio come un’epigrafe commossa.
Più avanti, nello stesso capitolo, Lanzoni passa in rassegna i numerosi martirologi di parte protestante che si occuparono di Fanino e qui si palesa l’agiografo di razza che si ribella di fronte alla grossolanità di certe ricostruzioni della vita del Fanini, e paragona gli autori di tali resoconti a quegli "scrittori del III, IV, V, VI secolo [che] manipolarono e raffazzonarono gli Atti sinceri degli antichi martiri cristiani" (6). In questo modo Lanzoni, con suprema ingenuità o forse, chissà, con sublime ironia, mette l’uno a fianco agli altri, sullo stesso piano, l’eretico faentino e i primi martiri cristiani.
Quanto a Giovanni Cattani non mi risulta che egli abbia mai pubblicato nulla su Fanino. Per lui fece qualcosa di diverso, ma ugualmente significativo. Si prodigò perché al "giovane fornaio" fosse dedicata una strada. Non un’anonima strada di periferia, ma una piccola via del centro, a poche centinaia di metri dalla piazza. Erano in effetti gli anni della prima amministrazione di sinistra a Faenza dopo un trentennio di governo democristiano. Sono sicuro però che Cattani non fece quella proposta con spirito di rivalsa o mosso da un atteggiamento di anticlericalismo old fashion (che gli era totalmente estraneo) né conosco per nulla quali siano state le reazioni della Curia faentina (se pure vi furono). Si trattò per certo, di una proposta "in positivo", per dare memoria al nome di una persona morta per testimoniare le proprie più profonde convinzioni. E la targa in ceramica, dettata dallo stesso Cattani recita, come ognuno può vedere: "Fanino Fanini, evangelico faentino, per la sua fede impiccato ed arso". Queste parole fanno di una semplice targa stradale un piccolo unicum poetico di cui ritengo la nostra città debba andar fiera, quali che siano le opinioni di chi lo legge.
In una pagina di Note faentine c’è la chiave, credo, per capire fino in fondo il significato della intitolazione di una via del centro ad un "eretico"; questo significato, come si può ricavare dalle parole che seguono, va al di là del caso di Fanini e coinvolge la nostra vita di tutti i giorni:
"La storia abitua sempre ad essere più equanimi; la comprensione storica è la medicina più sicura contro il fanatismo e la base più solida del rispetto per la libertà degli avversari. La quale è assicurata solo quando si è persuasi che gli avversari sono indispensabili. Cioè ci debbono essere e non già dire: ci sono, ma quanto sarebbe meglio che non ci fossero. Finché si ragiona ingenuamente così si è sempre disponibili per l’eliminazione degli avversari perché si accetta in linea di principio la loro assenza come l’optimum desiderabile. Invece si può considerare la grande conquista storica, la più grande, della carità cristiana, l’indispensabilità degli avversari, la loro necessaria presenza" (7).
Da Fanino è inevitabile che si vada a parlare di Faenza come città infetta, appestata dall’eresia in modo tanto più virulento in quanto le infiltrazioni protestanti avevano colpito tutti i ceti sociali. Anzi secondo un’opinione riportata da Simonetta Adorni Braccesi, la nostra città rientrerebbe nel novero di quei centri italiani in cui più a lungo durò l’illusione della possibilità di professare liberamente la propria fede.
"Si tratta di situazioni particolarissime che si incontrano in quattro casi: Modena, Lucca, Faenza e Trento. Ivi una consistente adesione al movimento filoriformatore di esponenti della nobiltà vecchia e nuova poteva e fece anche sperare, per periodi di tempo più o meno brevi, in una protezione delle magistrature cittadine, cui quegli stessi esponenti si avvicendavano" (8).
Se anche a Lucca, orgogliosa repubblica di mercanti (molto simile, dal punto di vista istituzionale, alle libere città imperiali della Germania dove la riforma protestante aveva attecchito e si era sviluppata), in non molto tempo, l’Inquisizione romana riuscì a prendere il sopravvento, costringendo un bel numero delle famiglie più in vista all’emigrazione coatta (9), figuriamoci cosa poteva accadere a Faenza. Da noi il momento più convulso deve spostarsi molto in avanti rispetto alla morte di Fanino, nel 1567-68 (10).
Nel 1566 era diventato papa, col nome di Pio V, il domenicano Antonio Michele Ghislieri. Si trattava, si direbbe oggi, di un segnale molto forte, da parte del collegio dei cardinali. Infatti il Ghislieri era nientemeno che il Grande Inquisitore. Se si considera che, nei conclavi del precedente ventennio, avevano seriamente rischiato di diventare pontefici Reginald Pole e Giovanni Morone, prelati molto aperti al dialogo con le istanze della riforma (11), si capirà che i giochi erano veramente fatti ed era iniziata a tutti gli effetti la controriforma post tridentina.
Cattani ce l’aveva spesso in bocca la controriforma. Quando ero suo allievo era proverbiale, tra noi studenti, una frase divenuta davvero cult: "è tutta colpa della controriforma". Frase che, in realtà, il nostro insegnante non aveva mai pronunciato così, sic et simpliciter, ma che era un’efficace sintesi di molte delle sue lezioni, anzi di quelle perorazioni che Cattani iniziava quasi per caso e proseguiva con gli occhi socchiusi e la testa alta come per seguire meglio il filo dei suoi pensieri. E leggendo alcune parti delle Note faentine, uscite del resto appena un anno dopo che io ebbi terminato il liceo, mi sembra proprio di ascoltare Cattani dal banco di scuola. Ecco ad esempio come egli sintetizza la reazione controriformistica nella nostra città dopo la scoperta dell’ "infezione":
"Nella nostra città....[la tradizione cattolica] più che in altre parti della penisola si protraeva beatamente in pace al riparo dell’«errore» e anche quando questo fece una volta capolino in forma assai embrionalmente organizzata, fu spazzato via, nonostante il grande spavento provocato, con estrema facilità. Beninteso si provvide a disinfestare l’ambiente con ogni cura, si instaurò un ottimo servizio di informazione e delazione (una congregazione laica, la Compagnia della Santa Croce, ebbe nome dal popolo di spie dell’Inquisizione), si aggiunse un buon numero di altri ordini e congregazioni religiose a quelli già esistenti in città, si stabilì un più severo controllo sulla vita familiare e di gruppo in ispecie dei ceti più abbienti" (12).
Secondo Cattani le conseguenze di questa reazione (dappertutto, ma a Faenza in particolare) si erano protratte nel tempo fino a investire le nostre abitudini di contemporanei e soprattutto la nostra forma mentis (espressione da lui molto usata), ma non è questo il luogo per parlare di tali importantissime questioni. Torniamo al XVI secolo. Sul fatto che la Chiesa riformata a Faenza fosse "assai embrionalmente organizzata" pare lecito avanzare qualche dubbio, certo la reazione dell’Inquisizione fu terribile.
Gli arresti e anche le esecuzioni furono numerosi e coinvolsero tutti gli strati sociali. Si vociferava addirittura che Pio V avesse in animo di organizzare una specie di deportazione in massa dei faentini con l’intenzione di fare di Faenza una colonia. C’è un documento dell’aprile del 1568, riportato dal Lanzoni (e conservato nel nostro Archivio di Stato) che è di straordinario interesse. Si tratta di una lettera inviata al Magistrato della nostra città (gli Anziani) da parte di alcuni faentini (i loro nomi, Severoli, Zanelli, Armenini sono fra quelli della elite cittadina) residenti in Roma e a vario titolo rappresentanti della comunità presso la corte pontificia. Sollecitati dagli Anziani ad intervenire a favore dei loro conterranei dopo gli arresti degli "eretici" essi si mostrano indecisi e irresoluti a tutto. Forse è fin troppo facile infierire, ma questi signori sembrano davvero annichiliti. D’altra parte probabilmente non avevano tutti i torti a considerare controproducenti alcune avances del Magistrato faentino.
"Ultimamente fu concluso da tutti che era cosa difficile et quasi impossibile, per ciò che il parlar a Sua Santità che non si proceda più oltre in simil causa [d’eresia] è domanda impertinente et non scusibile, perché la città mostrarebbe esser più infettata che in fatto non è" (13).
Prosegue poi la lettera scartando una ad una tutte quelle che, evidentemente, erano proposte fatte dagli Anziani: non si può chiedere che le cause si "espediscano a Faenza" (si tratterebbe, dico io, di un residuo slancio di autonomismo cittadino che appare ormai davvero anacronistico); non è opportuno chiedere che le cause si celebrino con celerità; non è bene che siano loro, residenti in Roma, a tentare di intercedere ecc. Le proposte non sono molto più concludenti, come la seguente, insulsa fino all’impudenza:
"Habbiamo similmente pensato che sarebbe utile far istantia che si scoprissero gli accusatori che par si dica haver dato certe liste, per far conoscer a tutt’il mondo la malignità loro; il che però ci par cosa difficile, per rispetto di trovar prova sufficiente sopra ciò". (14)
E’ chiaro che dopo aver manifestato simili posizioni l’unico atteggiamento realistico sia quello di star fermi immobili aspettando la fine della buriana. D’ora in poi non ci sarà più spazio, nella nostra comunità, per quel sentimento di autonomia "repubblicano" che pur anima fino alla fine dell’antico regime i ceti dirigenti di molte città soggette ad un principe o ad una dominante. Si deve ancora ricordare che nel 1570 il Cardinal Legato di Bologna e Romagna, Alessandro Sforza depennò dall’albo dei Consiglieri di comunità 28 nominativi e 32 da quello dei Cento Pacifici.
Son lontani ormai perfino i tempi in cui nel mettere a morte Fanino vi erano stati tentennamenti, raccomandazioni, pressioni. Anni luce sembrano dunque passati dal periodo in cui il popolo (in tutti i suoi ceti) credeva di poter prendere la parola per giudicare i propri pastori o per fare discorsi intorno alla propria anima come è testimoniato in quelle emozionanti pagine di Federico Chabod in cui si riportano le meditazioni sulla grazia, sulla salvezza, sulla predestinazione, di un modesto scrivano milanese rimasto anonimo (15).
Un’ultima considerazione, da bibliotecario questa volta, riguarda il Dizionario Biografico degli Italiani opera per vari motivi in crisi di cui si è più volte parlato, negli ultimi anni, anche sulle pagine culturali dei quotidiani. Come forse si sa il consiglio dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana (la cui opera di gran lunga più conosciuta è, mi scuso per l’eccesso di informazione, la cosiddetta Enciclopedia Treccani), delle cui iniziative editoriali è parte il DBI, è stato sul punto di decretarne la fine per eccessiva passività. Il primo volume del Dizionario è uscito nel 1960, oggi (1998) siamo giunti con il vol.47 alla metà della lettera F. Un ritmo troppo lento? Per alcuni decisamente sì, per altri, invece, una maggiore frequenza significherebbe soltanto snaturare l’opera imponendo ingiusti tagli nelle scelte dei personaggi e mettendo in forse la serietà delle singole voci.
Non entro nel merito della questione generale, anche se mi piacerebbe tanto che il Dizionario continuasse ad essere serissimo e nello stesso tempo velocizzasse di molto le proprie uscite. Ho fatto però una piccola indagine (spero di non aver violato troppo la legge sulla privacy) e ho scoperto che l’autrice della voce qui di seguito riportata, Lucia Felici, venne nella nostra biblioteca a far ricerche su Fanino nel maggio del 1988. Ora, considerato che il relativo volume del DBI è del 1994, pur ammettendo che le bozze non siano state consegnate che dopo qualche mese (non sono così presuntuoso da pensare che una visita alla nostra biblioteca esaurisse la ricerca), non posso non rilevare che sei anni di tempo appaiono decisamente troppi, pur essendo ovvio che non tutte le voci di quel volume saranno state composte nel medesimo 1988. Mi sembra comunque che questo esempio possa dare qualche lume sui ritmi di produzione del Dizionario.
Del resto alle considerazioni precedenti se ne aggiunge subito un’altra sempre relativa al DBI. Scenderò ancora di più sul piano dei ricordi personali. Quando venne, la Felici, mi fece l’impressione di una giovane appena laureata che veniva usata come "negretto" da un qualche docente universitario: situazione, per chi opera in una biblioteca, abbastanza frequente e, anche se non viene esplicitata, piuttosto evidente (nonché un poco penosa). Sono contento di essere stato smentito dai fatti. La Felici ha firmato la voce Fanini. Inoltre devo aggiungere che ha pubblicato di recente, per una importante casa editrice fiorentina, un saggio sul teologo protestante del cinquecento Martin Borrhaus (16). Quando venne mi permisi di chiederle se avesse preso contatto con Cattani. Non le era sconosciuto e mi pare di ricordare che mi dicesse poi di avergli telefonato. La domanda è: perché il DBI, per le voci più "localistiche" non sfrutta studiosi seri delle città e terre in cui visse e operò il personaggio di cui deve trattarsi? In effetti per quanto riguarda la nostra città dopo la collaborazione, per un certo tempo piuttosto intensa, di Ennio Golfieri (Ballanti Graziani, Bertolani, Bertucci, Biagio d’Antonio), dopo la lettera B (salvo smentite che sarei contento di ricevere) il rapporto con i "genii loci" mi sembra completamente inaridito (vi è l’eccezione di Pietro "Bibi" Marsilli per la voce Ferniani, ma si tratta di un "emigrato"). Non vorrei che (sempre che il nostro caso sia generalizzabile) possa essere questa mancanza di collegamenti con la periferia o, se si preferisce, con la provincia, una delle cause (certo la meno importante) della crisi del DBI.
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(1) E.VALLI e G.DONATI, L’itinerario spirituale di Francesco Lanzoni, a cura di G.Cattani, Faenza, Lega, 1958
(2) G.CATTANI, Note faentine, Faenza, Lega, 1974, pp.97-104
(3) F.LANZONI, La controriforma nella città e diocesi di Faenza, Faenza, Lega, 1926
(4) ivi, p. 90.
(5) ivi, p. 95.
(6) ivi, p. 98.
(7) G.CATTANI, Note faentine, cit., p. 20.
(8) S.ADORNI BRACCESI, Una città infetta. La repubblica di Lucca nella crisi religiosa del Cinquecento, Firenze, Olschki, 1994, Premessa, p. XIII. Voglio qui ricordare, per spirito di campanile, che un notevole saggio sui movimenti religiosi cinquecenteschi in un’altra importante città toscana, Siena, è stato scritto dal faentino, Valerio Marchetti: Gruppi ereticali senesi del Cinquecento, Firenze, La Nuova Italia, 1975.
(9) Soprattutto nella Ginevra di Calvino. Recentemente, il 28 marzo 1998, a Lucca si è tenuto un seminario dal titolo L’emigrazione confessionale dei lucchesi in Europa (XVI-XVII secc.). Nell’occasione è stata conferita la cittadinanza onoraria ai discendenti di due famiglie emigrate.
(10) Si veda quanto pubblicato da Lanzoni nel “Bollettino diocesano” faentino del 1927 (I nuovi documenti sui”luterani” faentini, pp. 80-86, 100-104, 117-119. A completamento della piccola bibliografia sui drammatici fatti dell’inquisizione a Faenza va ricordato M.G.TRERE', Gli avvenimenti del sedicesimo secolo nella città di Faenza con particolare riguardo ai processi e alle condanne degli inquisiti per eresia, in “Studi Romagnoli” VIII (1957), pp.279-297.
(11) Si veda M.FIRPO, Riforma protestante ed eresia nell’Italia del Cinquecento, Roma-Bari, Laterza, 1993, in particolare il capitolo L’eresia ai vertici della Chiesa e il nicodemismo. Questo testo si affianca a quello di S.CAPONETTO, La riforma protestante nell’Italia del Cinquecento, Torino, Claudiana, 1992, nel dare per la prima volta una visione di in-sieme del movimento riformatore nelle città italiane. Il noto volume di Delio Cantimori Eretici italiani del Cinquecento, infatti punta sopratuttto sull’esame delle singole personalità.
(12) G.CATTANI, Note faentine, cit., p. 11.
(13) F.LANZONI, La controriforma nella...., cit., p. 209.
(14) Ivi, p. 210.
(15) F.CHABOD, Lo stato e la vita religiosa a Milano nell’epoca di Carlo V, Torino, Einaudi, 1971, p.333 e sgg.
(16) Tra riforma ed eresia. La giovinezza di Martin Borrhaus, 1499-1523, Firenze, Olschki, 1995.
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FANINI, Fanino (Fannio Camillo).
Nacque a Faenza (od. Provincia di Ravenna) intorno al 1520 da Melchiorre e Chiara Brini. Un suo biografo, Giulio da Milano lo dice «giovine» nel 1550.
La famiglia era popolana ma agiata: fornai da alcune generazioni, i Fanini possedevano una casa nella parrocchia di S.Stefano, una vigna e qualche altro appezzamento di terreno; la Brini aveva portato in dote la somma piuttosto cospicua di 100 scudi d’oro, che le fu restituita alla morte del marito, avvenuta dopo il 7. Ottobre 1546. Per volontà testamentaria del padre, i beni familiari passarono al Fanini, mentre il fratello Giuseppe, divenuto prete, e la sorella Bianca, sposatasi con Virgilio Raccagni, furono esclusi dall’eredità.
Intrapreso il mestiere di fornaio, il Fanini sposò nel 1542 Barbara Baroncini, che gli portò la discreta dote di 266 lire bolognesi. Dall’inventario dei beni del Fanini, redatto il 19 settembre 1552, risulta che egli possedeva sette appezzamenti di terreno e una casa fornita di comoda suppellettili (Sez. d. Archivio di Stato di Faenza, Notarile, vol. 1494, cc. 127-132). Dalla Baroncina ebbe due figli: Giovanni Battista, nato nel 1544 circa e già morto il 3 ottobre 1562, e Giulia che nel 1566 risulta sposata a Giulio Milzetti e forse morì prima del 27 gennaio 1578.
Non risulta da alcun documento il periodo esatto nel quale il Fanini cominciò ad orientarsi verso le nuove idee religiose. I biografi fanno, di solito, riferimento all’influenza esercitata su di lui dal Beneficio di Cristo del benedettino Benedetto da Mantova (1543) e dalla Tragedia del libero arbitrio dell’eretico bassanese Francesco Negri (1546). Si tratta, considerata l’ampiezza della diffusione delle due opere, di riferimenti visibilmente generici. Tutto ciò che si può asserire al riguardo è che la diffusione di idee protestanti a Faenza fu anteriore al 1543. Non sappiamo quale impressione abbia lasciato sul Fanini la predicazione di B. Ochino nel 1538. La tradizione agiografica protestante gli attribuisce un’eccezionale conoscenza delle Scritture, tale da consentirgli di citarle diffusamente a memoria. Testimoni d’accusa gli attribuirono il possesso e la conoscenza di «molti libri contagiosi» (Casadei, pag. 33). Giulio da Milano, che dichiara d’aver narrato la biografia del Fanini sulla base d’un documento stilato da un conoscente di quest’ultimo, ci informa che, subito dopo l’«illuminazione» che lo convertì al protestantesimo, il Fanini si diede a un’intensa propaganda segreta. Questa attività propagandistica del Fanini rientra, con molta probabilità, nella situazione descritta dal gesuita Pascasio Broët a Francesco Saverio in una lettera da Faenza del 1º marzo 1545 («Molti huomini ed donne sonno in questa città, quali sono machiati di questa dottrina lutherana, qual hanno seminato alcuni predicatori passati, maxime frate Bernardino Ochino da Siena» (Tacchi Venturi, I, 2, p. 142).
Arrestato nel 1547, il Fanini fu processato una prima volta dall’inquisitore Alessandro da Lugo e, «liberato per pietà», fu tuttavia «bandito da Faenza et dalle terre di santa Chiesa romana per conto d’haeresia, con speranza si dovesse emendare», secondo quanto scriverà il 7 febbraio 1549 a Ercole II d’Este il frate conventuale Giovanni Pietro Celso Giusti per informarlo della pericolosa attività del Fanini a Lugo (Casadei, p. 33). Giulio da Milano, interessato a presentare al mondo protestante un modello di martirio, scrive che il Fanini aveva abiurato «per le preghiere dei congiunti» e che, pentitosi, «per fare ammenda del suo errore voleva tanto più magnificamente confessare Dio. E così se ne andò per la Romagna predicando apertamente in ogni città» (Giulio da Milano, p. 96). L’ampiezza della predicazione del Fanini in Romagna è attestata da una lettera da Ravenna dell’inquisitore della Romagna, il conventuale Giovanni Antonio Delfini, del 27 febbraio 1549, al cardinale Marcello Cervini. In essa, nel comunicare l’arresto del Fanini, il Delfini esprimeva anche la speranza che, essendo il Fanini «capo di setta», avrebbe rivelato il nome di altri complici (Casadei, p. 6). Il Delfini scriveva sulla base d’un suo interrogatorio di alcune monache del convento di S. Chiara di Bagnacavallo, avvenuto probabilmente tra il 18 maggio e il 23 ottobre 1548 (ibid., pp. 30 ss.), che si è conservato e che costituisce il documento più importante anche sui contenuti della predicazione del Fanini in Romagna.
Dalle dichiarazioni delle monache risulta che il il Fanini si era unito, nella sua attività, a tali Barbone Morisi e Giovan Matteo Bulgarelli, considerati i capi («ma questi duo sono i capi») d'un gruppo di propagatori delle nuove idee religiose. I contenuti dottrinali di questa predicazione sono compendiati negli interrogatori di sette suore, le quali, anche se riferiscono le dottrine apprese dal Fanini alle consuetudini e agli obblighi della loro vita claustrale, tuttavia insistono su alcuni punti omogenei: il Fanini e i suoi complici avevano insegnato loro che l'eucarestia non ha fondamento nelle Scritture e che la messa era un'invenzione a scopo di lucro; che l'ordine sacro non è un sacramento («non fu mai altro sacerdote che Christo»); che le intercessioni dei santi non sono utili e che quindi è valido il loro culto. Da altre dichiarazioni delle stesse monache risulta quanto la predicazione del Fanini fosse stata persuasiva: molte di esse si dichiarano esplicitamente «lutherane»; tutte contestano gli aspetti quotidiani della regola, negando la validità della recita dell'ufficio e del rosario, la pratica del digiuno, i fondamenti della stessa vita claustrale, anche con una punta di gusto dissacrante («dicono che San Francesco non ebbe le stigmate da Christo, ma ch'egli se le fece con cortellino, per ingannare il mondo»). Tale opera di persuasione era avvenuta mediante la proposta di molti libri eteredossi da parte del Fanini.
Dopo una breve detenzione nella rocca di Lugo, il Fanini fu trasferito a Ferrara, dove, il 25 settembre 1549, fu condannato a morte per impiccagione e rogo.
Nei diciotto mesi intercorsi tra l'arresto e l'esecuzione della condanna, il processo del Fanini suscitò attenzione e interventi, nei quali risultano coinvolti, oltre che direttamente gli uffici romani dell'Inquisizione, la stessa corte estense, ambasciatori, prelati e nobildonne in relazione con Renata di Francia.
In primo luogo intervenni a favore del Fanini un personaggio di prestigio legato da tempo alla corte estense, il conte Camillo Orsini, che il 9 marzo del 1549 propose, da Parma, a Ercole II d'Este di consegnare a lui l'inquisito. L'Orsini intervenne ancora nel gennaio del 1550, ma il suo interessamento non ebbe esito. A favore del Fanini intervenne la duchessa Renata, che era già stata larga di elemosine verso di lui, come risulta da un suo appunto (Fontana, Renata di Francia, III, p. XLIII). Il 7 ottobre 1549 Renata si rivolgeva direttamente a Ercole II, chiedendo la liberazione del «povero Fanin» (idid., II, p. 273). Intervenne a favore del Fanini anche Lavinia Della Rovere. Presso quest'ultima aveva fatto pressioni da Kauffbeuren, dove si era stabilita come esule, Olimpia Morata, come risulta da una sua prima lettera a Lavinia, senza data, ma del 1550 (Morata, I, pp. 67 s.): in essa la Morata sollecitava Lavinia a intervenire sia a Roma sia presso Ercole d'Este, perché il Fanini venisse liberato. Le aspettative della Morata sugli esiti dell'interessamento di Lavinia andarono deluse: nell'ottobre del 1551, quando seppe che il Fanini era stato giustiziato, la Morata fu in grado di comunicare a Celio Secondo Curione l'accaduto con molti particolari, insistendo in particolare sulla fermezza del Fanini di fronte alle pressioni della moglie e dei figli. Nel 1552, comunicò a Lavinia la sua commozione e la sua soddisfazione per la costanza con cui il Fanini aveva affrontato la morte.
Pochi giorni dopo l'arresto del Fanini il Cardinale Alessandro Farnese richiese da Roma a Ercole II la consegna del prigioniero, affinchè «si possa anco per suo mezo rinvenire di molti complici» (Casadei, p. 34). Aveva inzio così una lunga trattativa che, oltre a sottolineare l'importanza che si attribuiva al preciso caso del Fanini, mise in evidenza i tentativi di difesa giurisdizionale fatti da Ercole II nei confronti dell'Inquisizione.
In risposta alle richieste da Roma, il duca diede assicurazione (26 marzo 1549) che a Ferrara il Fanini sarebbe stato processato con rigore e che intanto era stato costituito un tribunale nel quale, con una procedura inconsueta, l'inquisitore di Ferrara Girolamo Papino veniva affiancato, per disposizione del duca, da un rappresentante dei domenicani, da un rappresentante dei frati minori, da un rappresentante della curia ferrarese e da tre consiglieri di giustizi a della corte ducale. Risulta che il cardinale Cervini era favorevole a questa procedura. Ercole II prometteva che il Fanini sarebbe stato estradato a Roma, qualora «si jiustificasse talmente» da essere assolto (ibid., p. 13). La condanna non fu subito eseguita, avendo Ercole II interpellato il Papa se non desiderasse mitigare la pena, in considerazione del fatto che si trattava di un caso del tutto nuovo, se non in Italia, certo nel suo Stato. Neppure il rifiuto del Papa convinse il duca ad eseguire subito la condanna. Intanto, il voluto differimento dell'esecuzione da parte di Ercole II trovò giustificazione nella morte di Paolo III. Di ritorno a Ferrara dopo la partecipazione all'incoronazione di Giulio III, Ercole II, evidentemente per premunirsi nei riguardi delle pressioni in favore del Fanini esercitate da «infiniti personagij de importantia», sollecitò il suo residente a Roma Bonifacio Ruggieri a chiedere «una lettera, alla ricevuta della quale non mancheremo di fare exeguire quanto sarà necessario» (ibid., p. 20). Tale lettera, in forma di breve, porta la data del 31 maggio 1550. Agirono sull'operato di Ercole II anche le preoccupanti notizie che gli giungevano da Roma circa le tendenze calviniste di Renata (Archivio di Stato di Modena, Ambasciatori, Venezia, Feruffini, 18 luglio 1550).
La sentenza fu eseguita a Ferrara il 22 agosto 1550.
La biografia del Fanini diede luogo, nei paesi protestanti, a una letteratura di tipo agiografico,, volta a farne un esempio di fermezza per quanti cedevano alla repressione dell'Inquisizione. Nel 1560 il Fanini trovò posto nel martirologio calvinista pubblicato a Ginevra dalla stampatore Jean Crespin (Actiones et monimenta martyrum) e nel 1580 nelle Icones di Théodorede Bèze. Entrambi i profili del Fanini abbozzati in queste due opere dipendono visibilmente da La vita et la morte di Fanini martire che l'esule Giulio da Milano significativamente inserì nell'edizione «riveduta e ampliata» della sua Esortazione al martirio. Subito dopo la morte del Fanini e prima di Giulio da Milano una breve biografia del faentino fu pubblicata dall'altro esule Francesco negri, che si sofferma in particolare su dettagli riguardanti la fermezza del Fanini, con l'intento di contrapporre l'atrocità del supplizio alle promesse di «libero concilio» fatte da Giulio III alla vigilia della seconda fase tridentina. Tuttavia, artefice del profilo agiografico del Fanini divenuto esemplare nel mondo protestante fu la più diffusa biografia di Giulio da Milano. Il vaglio critico della sua narrazione è estremamente difficoltoso. Comunque è certo che la pur frondosa narrazione di tipo emotivo contiene un nucleo di fatti realmente accaduti. Nella quaresima del 1550 Giulio da Milano fu clandestinamente a Ferrara dove predicò e celebrò la cena alla corte di Renata. Non pochi particolari della narrazione di Giulio coincidono anche con la cronaca coeva del Biondi (Fontana, Renata di Francia, III, pp. 185 s.).
La notizia più rilevante data da Giulio Milano riguarda i numerosi scritti che il Fanini avrebbe composto e che descrive come se li avesse visti: «Molte delle sue opere sono insieme confuse, senza alcuna distinzione; ma chi le volesse distinguere potrebbe cominciare dalle sue Epistole, e pigliare le spirituali e farne quattro copiosi libri. Di altri varii suoi scritti composti inprigione, si possono comodamente fare tre libri. Vi sono poi queste opere da lui medesimo ordinate, due trattati della proprietà di Dio, due trattati della confessione, due trattati del modo di conoscere Gesù, il fedele dell'empio, cento sermoni sopra gli articoli della fede, dichiarazioni sui Salmi, dichiarazioni su Paolo, dispute contro l'Inquisitore, consolazione ai suoi parenti sopra i casi suoi, avvisi delle cose della sua vita. Vanno attorno alcuni sonetti spirituali a lui attribuiti, e un componimento di merito, che non si trovano ne' suoi scritti.
Quanto a questo suo modo di comporre, piegava la carta, e da un lato scriveva, dall'altro notava i luoghi della Scrittura, e spesso sono più i luoghi notati nel margine che non sono le sue parole. E faceva ciò piuttosto miracolosamente che altrimenti, perocché mostrava di avere ogni cosa nella memoria e non giungere parola insieme che non fosse in due o tre luoghi o dell'uno o dell'altro Testamento. Ponea nel cominciamento di ciascheduna sua scrittura: non moriar sed viviam et narrabo opera domini» (Giulio da Milano, p. 105 s.).
La notizia di Giulio da Milano sugli scritti concorda in parte anche con la narrazione del Negri. In una delle varie edizioni della sua Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia T. Maccrie informa che scritti del Fanini furono stampati dopo la sua morte (Maccrie, p. 260). La notizia non ha fondamento.
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FONTI E BIBLIOGRAFIA: Archivio di Stato di Ravenna, Sez. di Faenza, Archivio notarile, Notaio Nicola Torelli, vol. 836, cc. 298, 405, (6, 19 ott 1542: dote di Barbara Baroncini); vol. 847, c. 35 (7 sett. 1546: testamento di Melchiorre Fanini); vol. 864, cc. 392-295 (18 ag. 1552: inventario dei beni del Fanini); Ibid., Notaio Matteo Tomba, vol. 1494, cc. 127-132 (19 sett. 1552: tutela di Giovanni Battista Fanini e inventario dei beni familiari); Ibid., Notaio Giacomo Ubertini, vol. 1852, cc. 87-88 (16 ag. 1561: testamento di Diana Fanini); Faenza Bibl. Comun., ms. 62: G.M. Valgimigli, Memorie istoriche di Faenza. Origini. 1793, vol. XV, fasc. 58, pp. I-II; Ibid, Giunte, pp. 375 ss., 479, 539, 725; Ibid., Schedario cronologico di G.Rossini, 29 genn. 1504, 29 dic. 1520 (notizie relative alla famiglia Fanini); B.Azzurrini, Chronica Breviora, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXVIII, 3, I, a cura di A. Messeri, p. 265; F.Negri, De Fanini Faventini et Dominici Bassanensis morte ... brevis historia, Tiguri 1550; Giulio da Milano, La vita e la mora di F. martire, in Esortatione al martirio, [Poschiavo?] 1552, pp. 95-106, ristampata in La Rivista Cristiana, VIII (1880) I, pp. 3-10; Actiones et monimenta martyrum, Genevae 1560, coll. 162-166; Opuscoli e lettere di riformatori italiani del '500, a cura di G.Paladino, Bari 1927, II pp. 178-180, 182-186; O. Morata, Opere, I; Epistolae, a cura di L. Caretti, Ferrara 1954, pp. 67 s., 75-79; Théodore de Bèze, Icones, Genevae 1580, c. Hhij; G.L: Nolten, Dissertationem historicam de Olympiae moeatae vita, scriptis, fatis et virtutibus, Francofurti 1731, pp. 37 ss.; D.Gerdes, Specimen Italiae reformatae, Lugduni Batavorum 1765, pp. 98ss., 245 ss.; G.Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VII, 2, Modena 1791, p. 383; T.Maccrie, Istoria del progresso e dell'estinzione della Riforma in Italia, Parigi 1835, pp. 258 ss.; Biografia di F., in L'Amico di casa, VII (1860), pp. 33-42; C.Cantù, Gli eretici d'Italia, Torino 1866, II, pp. 99, 344 s.; III, pp. 34, 154; L.Settembrini, Lezioni di letteratura italiana, II, Napoli 1875, p. 212; B.Fontana, Documenti vaticani contro l'eresia luterana in Italia, in Archivio della Soc. rom. di storia patria, XV (1892), p. 418; Id., enata di francia duchessa di Ferrara, II, Roma 1893, pp. 272-279, 520 s.; III, ibid. 1899, pp. XLIII, 185-187; B.Amante, Giulia Gonzaga contessa di Fondi e il movimento religioso nel secolo XVI, Bologna 1896, p. 260: E.P. Rodocanachi, Une protectrice de la Rèforme en Italie et en France, Renèe de France duchesse de Ferrare, Paris 1896, pp. 275 s.; A Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, pp. 249 s.; G.Buschbell, Reformation und Inquisition in Italien um die Mitte des XVI.Jahrhunderts, Paderborn 1910, pp. 180, 220, 309; G.Zonta, Francesco Negri l'eretico e la sua tragedia «Il libero arbitrio», in Giorn. stor. della lett. Ital., LXVII (1916), PP. 314-318; A. Cavalli, F.F. e gli eretici faentini del sec. XVI, in La Piê, II (1921), 3-4, pp. 39 s., 54 ss.; L. von Pastor, Storia dei Papi, VI, Roma 1922, p. 152; F.Lanzoni, La controriforma nella città e diocesi di Faenza, Faenza 1925, pp. 89-101 (rielaborazione di notizie e articoli pubblicati nel Bollettino diocesano nel 1916-1921); P. Tacchi Venturi, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, I, 2, Roma 1931, pp. 142 ss; II, 2, ibid. 1951, p. 240; A.Casadei, F. F. da Faenza, in Nuova Riv. Stor., XVIII (1934), 2-3, pp. 3-34 (con importanti documenti d'archivio); F.C. Church, I riformatori italiani, Firenze 1935, pp. 283 s.; D.Cantimori, Prospettive di storia ereticale italiana del Cinquecento, Bari 1960, pp. 41, 52.
Lucia Felici
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Fanino Fanini da Faenza (1520 - 1550), cenni della vita e del martirio
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Bibliografia]
Salvatore Caponetto, "La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento", Claudiana, Torino 14 febbraio 1992; pagg. 282-284, 291.
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Il 1550 fu un anno cruciale per il ducato estense con la celebrazione di un clamoroso processo contro un fornaio di Faenza, conclusosi con la condanna al rogo.
Fanino Fanini (1520 - 1550) fu processato a Ferrara, perché fu sorpreso a predicare dottrine ereticali a Bagnacavallo, appartenente al dominio estense. Non si sa dove il giovane fornaio avesse conosciuto le nuove dottrine, né come si fosse fatta una notevole istruzione tanto da diventare un apostolo e un efficace predicatore. Aveva forse ascoltato la predicazione a Faenza di fra Bernardino Ochino. Certo per l'acquisto delle granaglie per il forno non gli mancarono le opportunità di spingersi fino a Ferrara o nelle località viciniori.
I «nuovi ed entusiasti profeti della Riforma» predicavano dovunque, dai luoghi di lavoro ai sagrati delle chiese dopo la messa e perfino nei monasteri. Fanino, con i suoi amici Barbone Morisi e Giovan Matteo Bulgarelli, Alessandro Bianchi, Nicola Passerino e un tale Nicoletto, erano riusciti a penetrare nel monastero di Santa Chiara di Bagnacavallo per ammaestrare le suore, spinte a leggere libri proibiti, a non credere nei sacerdoti, in quanto vi è un solo sacerdote, Gesù Cristo, a non invocare i santi, poiché vi è un solo mediatore, Gesù Cristo. Si spingevano ad affermare che "l'andare a l'ufficio e alla messa è un bestemmiare e che l'ostia consacrata è un pezzo di pane". In altri termini le suore furono ammaestrate nella dottrina calvinista.Il processo contro il «povero Fanin» sollevò un enorme scandalo a Ferrara, dove fu imprigionato, a Faenza e dovunque egli si fosse recato. Il suo messaggio, semplice e suadente, ma alieno dai compromessi, aveva avuto un grande successo. Arrestato nel 1547, fu bandito da Faenza, dopo avere abiurato, ma l'anno dopo a Lugo aveva ripreso una propaganda attiva casa per casa. Molte donne che - secondo l'accusatore maestro Giovan Pietro Delfino dei minori conventuali - sono "un animale occasionaro", cioè impulsivo, ne erano rimaste affascinate.Il Fanini restò rinchiuso nella rocca di Lugo per ben diciotto mesi. Il suo era diventato un casus belli fra il duca Ercole, ossequientissimo alla chiesa ma geloso delle sue prerogative giurisdizionali, il papa e l'Inquisizione romana. Il duca sostenne il principio del processo nel luogo dove si era consumato il delitto di eresia, cioè a Lugo, territorio estense, ma le autorità ecclesiastiche sostenevano che Lugo apparteneva alla diocesi di Imola, facente parte dello Stato della chiesa. Durante la diatriba, protrattasi fino all'elezione di Giulio III (febbraio del 1550), si svolse dietro lo scenario tutto un lavorìo per salvare il giovane predicatore.Renata scrisse due volte al marito chiedendo pietà per il prigioniero, spinse il famoso capitano Camillo Orsini, il cui figlio aveva sposato Lavinia Della Rovere, amica della duchessa e di Olimpia Morato, a scrivere al duca per liberare il malcapitato e affidarlo a lui, che lo avrebbe ammansito arruolandolo fra i suoi soldati. Olimpia e Lavinia lo visitarono nel carcere e forse gli portarono l'elemosina della duchessa, alla quale egli scrisse ringraziando. Ma Ercole II, premuto dagl'inquisitori di Ferrara e di Roma, uno dei quali, il Card. Marcello Cervini, era a Bologna, dove il concilio si era trasferito, ottenne dal nuovo papa solo il permesso di eseguire a Ferrara la condanna dell'imputato come «relapso». Il 22 agosto del 1550 Fanino Fanini fu impiccato e poi bruciato. Le ceneri furono gettate nel Po. Il coraggio, la fermezza, l'entusiasmo del trentenne fornaio faentino, insensibile al pianto della moglie e dei figli, convinto di essere stato eletto al martirio come testimone di Cristo, ebbe una vasta risonanza in Italia e fuori d'Italia.Fanino entrava nel martirologio protestante. Il primo a farne l'esaltazione fu Francesco Negri, l'autore della Tragedia del libero arbitrio, opera conosciutissima in Romagna, della quale uscì nel '50 la seconda edizione. L'ex benedettino bassanese, a due mesi dall'esecuzione, licenziava da Chiavenna la stampa di un libriccino in latino, in cui narrava con particolari, comunicategli certamente dai fratelli italiani, il sacrificio del Fanini e del suo conterraneo Domenico Cabianca.
Dopo il Negri ne scrisse Giulio Della Rovere, che aveva seguito la vicenda del faentino nel periodo clandestino trascorso a Ferrara durante la quaresima del '50. La vita e la morte di Fanino martire è ricca di particolari, fra i quali la notizia di numerosi scritti lasciati dal fornaio, lettere e sermoni, per divulgare la nuova fede.
[...]Il messaggio di Fanino Fanini non si disperse. Il radicamento a Faenza e Imola, come nei luoghi circostanti, del calvinismo sarebbe inspiegabile senza la sua ardente e coraggiosa predicazione suggellata con il sacrificio della vita. A distanza di anni perfino dei ragazzi conoscevano la tragica storia del «povero Fanin», che «era un gran uomo da bene e gli fu fatto torto».[Bibliografia]
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Salvatore Caponetto, "La Riforma protestante nell'Italia del Cinquecento", Claudiana, Torino 14 febbraio 1992; pagg. 282-284, 291.
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Il 1550 fu un anno cruciale per il ducato estense con la celebrazione di un clamoroso processo contro un fornaio di Faenza, conclusosi con la condanna al rogo.
Fanino Fanini (1520 - 1550) fu processato a Ferrara, perché fu sorpreso a predicare dottrine ereticali a Bagnacavallo, appartenente al dominio estense. Non si sa dove il giovane fornaio avesse conosciuto le nuove dottrine, né come si fosse fatta una notevole istruzione tanto da diventare un apostolo e un efficace predicatore. Aveva forse ascoltato la predicazione a Faenza di fra Bernardino Ochino. Certo per l'acquisto delle granaglie per il forno non gli mancarono le opportunità di spingersi fino a Ferrara o nelle località viciniori.
I «nuovi ed entusiasti profeti della Riforma» predicavano dovunque, dai luoghi di lavoro ai sagrati delle chiese dopo la messa e perfino nei monasteri. Fanino, con i suoi amici Barbone Morisi e Giovan Matteo Bulgarelli, Alessandro Bianchi, Nicola Passerino e un tale Nicoletto, erano riusciti a penetrare nel monastero di Santa Chiara di Bagnacavallo per ammaestrare le suore, spinte a leggere libri proibiti, a non credere nei sacerdoti, in quanto vi è un solo sacerdote, Gesù Cristo, a non invocare i santi, poiché vi è un solo mediatore, Gesù Cristo. Si spingevano ad affermare che "l'andare a l'ufficio e alla messa è un bestemmiare e che l'ostia consacrata è un pezzo di pane". In altri termini le suore furono ammaestrate nella dottrina calvinista.
Il processo contro il «povero Fanin» sollevò un enorme scandalo a Ferrara, dove fu imprigionato, a Faenza e dovunque egli si fosse recato. Il suo messaggio, semplice e suadente, ma alieno dai compromessi, aveva avuto un grande successo. Arrestato nel 1547, fu bandito da Faenza, dopo avere abiurato, ma l'anno dopo a Lugo aveva ripreso una propaganda attiva casa per casa. Molte donne che - secondo l'accusatore maestro Giovan Pietro Delfino dei minori conventuali - sono "un animale occasionaro", cioè impulsivo, ne erano rimaste affascinate.
Il Fanini restò rinchiuso nella rocca di Lugo per ben diciotto mesi. Il suo era diventato un casus belli fra il duca Ercole, ossequientissimo alla chiesa ma geloso delle sue prerogative giurisdizionali, il papa e l'Inquisizione romana. Il duca sostenne il principio del processo nel luogo dove si era consumato il delitto di eresia, cioè a Lugo, territorio estense, ma le autorità ecclesiastiche sostenevano che Lugo apparteneva alla diocesi di Imola, facente parte dello Stato della chiesa. Durante la diatriba, protrattasi fino all'elezione di Giulio III (febbraio del 1550), si svolse dietro lo scenario tutto un lavorìo per salvare il giovane predicatore.
Renata scrisse due volte al marito chiedendo pietà per il prigioniero, spinse il famoso capitano Camillo Orsini, il cui figlio aveva sposato Lavinia Della Rovere, amica della duchessa e di Olimpia Morato, a scrivere al duca per liberare il malcapitato e affidarlo a lui, che lo avrebbe ammansito arruolandolo fra i suoi soldati. Olimpia e Lavinia lo visitarono nel carcere e forse gli portarono l'elemosina della duchessa, alla quale egli scrisse ringraziando. Ma Ercole II, premuto dagl'inquisitori di Ferrara e di Roma, uno dei quali, il Card. Marcello Cervini, era a Bologna, dove il concilio si era trasferito, ottenne dal nuovo papa solo il permesso di eseguire a Ferrara la condanna dell'imputato come «relapso». Il 22 agosto del 1550 Fanino Fanini fu impiccato e poi bruciato. Le ceneri furono gettate nel Po. Il coraggio, la fermezza, l'entusiasmo del trentenne fornaio faentino, insensibile al pianto della moglie e dei figli, convinto di essere stato eletto al martirio come testimone di Cristo, ebbe una vasta risonanza in Italia e fuori d'Italia.
Fanino entrava nel martirologio protestante. Il primo a farne l'esaltazione fu Francesco Negri, l'autore della Tragedia del libero arbitrio, opera conosciutissima in Romagna, della quale uscì nel '50 la seconda edizione. L'ex benedettino bassanese, a due mesi dall'esecuzione, licenziava da Chiavenna la stampa di un libriccino in latino, in cui narrava con particolari, comunicategli certamente dai fratelli italiani, il sacrificio del Fanini e del suo conterraneo Domenico Cabianca.
Dopo il Negri ne scrisse Giulio Della Rovere, che aveva seguito la vicenda del faentino nel periodo clandestino trascorso a Ferrara durante la quaresima del '50. La vita e la morte di Fanino martire è ricca di particolari, fra i quali la notizia di numerosi scritti lasciati dal fornaio, lettere e sermoni, per divulgare la nuova fede.
[...]
Il messaggio di Fanino Fanini non si disperse. Il radicamento a Faenza e Imola, come nei luoghi circostanti, del calvinismo sarebbe inspiegabile senza la sua ardente e coraggiosa predicazione suggellata con il sacrificio della vita. A distanza di anni perfino dei ragazzi conoscevano la tragica storia del «povero Fanin», che «era un gran uomo da bene e gli fu fatto torto».
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Fanino Fanini testimone del verbo. E Noi ?
Mio Primo Sermone nel Culto (Barnabè Roberto)
Comunità Cristiana Evangelica di Faenza
Domenica 29 Ottobre 2000
Mancando pochi giorni al 31 ottobre alla cosiddetta " Giornata della Riforma" (che si rifà all'esposizione delle 95 Tesi di Lutero a Wittemberg nel 31 ottobre 1517) mi è stato chiesto (essendo un credente che sta preparando una tesi su questo argomento)di esporre qui in chiesa la figura di un evangelico faentino del sedicesimo secolo che 450 anni fa veniva messo al rogo per la sua fede a Ferrara;cioè vorrei parlare di Fanino Fanini analizzando la sua opera da un punto di vista biblico anche perché nella conferenza del 1 novembre prossimo verrà presentata con il libro di Bertinelli la sua figura nel contesto storico .Io evangelico faentino nato oltre Lamone (Borgo Durbecco) nel ventesimo secolo vorrei ricordare con efficacia quest'altro evangelico faentino nato nella contrada cittadina di Santo Stefano a inizio del sedicesimo secolo,uomo che è stato una luce fulgida in un cupo periodo in cui Faenza era sotto il governo del potere temporale della chiesa cattolica romana ;in cui emergeva la sua ipocrisia,la sua corruzione,la sua prepotenza e crudeltà verso chi manifestava il puro Evangelo. La strada dedicata a questo esempio di umile servitore del Signore non è che un piccolo limitato manifesto che evidenzia solo in piccola parte la sua diversità,la sua opera e la sua morte esemplare, con questo messaggio vorrei colmare in parte questa lacuna cercando di rivelare di Fanino Fanini il suo essere un cristiano un umile uomo coerente che ha cercato di vivere in conformità alla Sacra Bibbia che ha voluto rivelare con forza e potenza in un momento che questo era proibito e poteva portare alla morte (come è successo a molti) .La cosa che vorrei manifestare quindi è che Fanino Fanini è un esempio da imitare da qualunque cristiano di buona volontà e che egli non fu un superuomo,eccezionale irraggiungibile con capacità e sapienza fuori dal comune,perché lui era un semplice uomo del ceto medio (un fornaio) che ha avuto la fortuna sia di leggere libretti cristiani(definiti eretici) che di ascoltare la Buona Novella da predicatori di passaggio a Faenza come il Bernardino Ochino; lui poi come hanno fatto quelli di Berea ( Atti 17:10-12-Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei. 11 Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così. 12 Molti di loro, dunque, credettero, e così pure un gran numero di nobildonne greche e di uomini. ) studiando ed esaminando con costanza le scritture vi ha trovato che il Vangelo di Gesù Cristo era la verità e questo lo ha trasformato e fatto rinascere a nuova vita..Da quel momento Fanino ha cercato di manifestarlo ai più in ubbidienza al grande mandato di Cristo Gesù ( Matteo 28:18-20-18 E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente».Marco 16:15-16
15 E disse loro: «Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura. 16 Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato.-Romani 10:13-15-14 Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunzi? 15 E come annunzieranno se non sono mandati? Com'è scritto:
«Quanto sono belli
i piedi di quelli che annunziano buone notizie!»-1Corinzi 1:17-21
17 Infatti Cristo non mi ha mandato a battezzare ma a evangelizzare; non con sapienza di parola, perché la croce di Cristo non sia resa vana. 18 Poiché la predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio; 19 infatti sta scritto:
«Io farò perire la sapienza dei saggi
e annienterò l'intelligenza degli intelligenti».
20 Dov'è il sapiente? Dov'è lo scriba? Dov'è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo? 21 Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione.) .però come normale uomo fallibile egli è caduto come Pietro nel Sinedrio (Matteo 26:69-75-69 Pietro, intanto, stava seduto fuori nel cortile e una serva gli si avvicinò, dicendo: «Anche tu eri con Gesù il Galileo». 70 Ma egli lo negò davanti a tutti, dicendo: «Non so che cosa dici». 71 Come fu uscito nell'atrio, un'altra lo vide e disse a coloro che erano là: «Anche costui era con Gesù Nazareno». 72 Ed egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell'uomo». 73 Di lì a poco, coloro che erano presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «Certo anche tu sei di quelli, perché anche il tuo parlare ti fa riconoscere». 74 Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!» In quell'istante il gallo cantò. 75 Pietro si ricordò delle parole di Gesù che gli aveva dette: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, andato fuori, pianse amaramente.)rinnegando Gesù Cristo al primo arresto per ottenere libertà ed uscire dalla prigione sottostando alle insistenze dei famigliari. Poco dopo però resosi conto della bassezza della sua abiura in lui è avvenuta una grossa angoscia interiore che lo ha fatto ritornare sui suoi passi e pentirsi come fece Davide dopo la caduta con Betsabea ( Salmo 51:1-17-
Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà;
nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti.
2 Lavami da tutte le mie iniquità
e purificami dal mio peccato;
3 poiché riconosco le mie colpe,
il mio peccato è sempre davanti a me.
4 Ho peccato contro te, contro te solo,
ho fatto ciò ch'è male agli occhi tuoi.
Perciò sei giusto quando parli,
e irreprensibile quando giudichi.
5 Ecco, io sono stato generato nell'iniquità,
mia madre mi ha concepito nel peccato.
6 Ma tu desideri che la verità risieda nell'intimo:
insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore.
7 Purificami con issopo, e sarò puro;
lavami, e sarò più bianco della neve.
8 Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia,
ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate.
9 Distogli lo sguardo dai miei peccati,
e cancella tutte le mie colpe.
10 O Dio, crea in me un cuore puro
e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo.
11 Non respingermi dalla tua presenza
e non togliermi il tuo santo Spirito.
12 Rendimi la gioia della tua salvezza
e uno spirito volenteroso mi sostenga.
13 Insegnerò le tue vie ai colpevoli,
e i peccatori si convertiranno a te.
14 Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza,
e la mia lingua celebrerà la tua giustizia.
15 Signore, apri tu le mie labbra,
e la mia bocca proclamerà la tua lode.
16 Tu infatti non desideri sacrifici,
altrimenti li offrirei,
né gradisci olocausto.
17 Sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto;
tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato.) allo stesso modo possiamo vedere anche l'atteggiamento di Fanino successivo alla caduta.. Così che nonostante la condanna all'esilio ricominciò con più zelo ancora l'opera precedente di evangelizzazione nei paesi vicini in ubbidienza alla volontà divina manifestata nel Nuovo Testamento.(Matteo 10:23-Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra; perché io vi dico in verità che non avrete finito di percorrere le città d'Israele, prima che il Figlio dell'uomo sia venuto.-Matteo 10:26-27-26 Non li temete dunque; perché non c'è niente di nascosto che non debba essere scoperto, né di occulto che non debba essere conosciuto. 27 Quello che io vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce; e quello che udite dettovi all'orecchio, predicatelo sui tetti.-Matteo 19:29-E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna.-Atti 1:8-Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra».- Lui Fanino non ha più timore nel suo operare perché è finalmente consapevole che ciò che dovrà soffrire per farlo è minimo in confronto alla gloria futura ( Matteo 10:16-22-16 «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. 17 Guardatevi dagli uomini; perché vi metteranno in mano ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18 e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per servire di testimonianza davanti a loro e ai pagani. 19 Ma quando vi metteranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come parlerete o di quello che dovrete dire; perché in quel momento stesso vi sarà dato ciò che dovrete dire. 20 Poiché non siete voi che parlate, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
21 Il fratello darà il fratello a morte, e il padre il figlio; i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. 22 Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato.-Matteo 10:28-E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il corpo nella geenna.-)trovando conforto nelle scritture per la sua opera Fanino è stato arrestato dagli Estensi della cosiddetta Santa Inquisizione cattolica i novelli” romani,scribi,farisei”” del sedicesimo secolo è rinchiuso in carcere come lo fu Paolo agli inizi della chiesa primitiva ( Atti 21:27-40-
27 Quando i sette giorni stavano per compiersi, i Giudei dell'Asia, vedendolo nel tempio, aizzarono tutta la folla, e gli misero le mani addosso, gridando: 28 «Israeliti, venite in aiuto: questo è l'uomo che va predicando a tutti e dappertutto contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo; e oltre a ciò, ha condotto anche dei Greci nel tempio, e ha profanato questo santo luogo». 29 Infatti, prima avevano veduto Trofimo di Efeso in città con Paolo, e pensavano che egli lo avesse condotto nel tempio.
30 Tutta la città fu in agitazione e si fece un assembramento di gente; afferrato Paolo, lo trascinarono fuori dal tempio, e subito le porte furono chiuse. 31 Mentre cercavano di ucciderlo, fu riferito al tribuno della coorte che tutta Gerusalemme era in subbuglio. 32 Ed egli, presi immediatamente dei soldati e dei centurioni, si precipitò verso i Giudei, i quali, vedendo il tribuno e i soldati, cessarono di battere Paolo. 33 Allora il tribuno si avvicinò, prese Paolo, e ordinò che fosse legato con due catene; poi domandò chi fosse e che cosa avesse fatto. 34 E nella folla gli uni gridavano una cosa, e gli altri un'altra; per cui, non potendo sapere nulla di certo a causa della confusione, ordinò che fosse condotto nella fortezza. 35 Quando Paolo arrivò alla gradinata dovette, per la violenza della folla, essere portato di peso dai soldati, 36 perché una marea di gente incalzava, gridando: «A morte!»37 Quando Paolo stava per essere introdotto nella fortezza, disse al tribuno: «Mi è permesso dirti qualcosa?» Quegli rispose: «Sai il greco? 38 Non sei dunque quell'egiziano che tempo fa sobillò e condusse nel deserto quei quattromila briganti?» 39 Ma Paolo disse: «Io sono un giudeo di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; e ti prego che tu mi permetta di parlare al popolo». 40 Il tribuno glielo permise e Paolo, stando in piedi sulla gradinata, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un gran silenzio, parlò loro in ebraico, dicendo:-Filippesi 1:13-14-13 al punto che a tutti quelli del pretorio e a tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per Cristo; 14 e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto più ardire nell'annunciare senza paura la parola di Dio. - ) e come l'apostolo anche Fanino in prigione continua la sua missione senza paura e timore continuando a portare frutti nell'opera del Signore- ( Atti 16:29-34-29 Il carceriere, chiesto un lume, balzò dentro e tutto tremante, si gettò ai piedi di Paolo e di Sila; 30 poi li condusse fuori e disse: «Signori, che debbo fare per essere salvato?» 31 Ed essi risposero: «Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia». 32 Poi annunziarono la Parola del Signore a lui e a tutti quelli che erano in casa sua. 33 Ed egli li prese con sé in quella stessa ora della notte, lavò le loro piaghe e subito fu battezzato lui con tutti i suoi. 34 Poi li fece salire in casa sua, apparecchiò loro la tavola, e si rallegrava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto in Dio.-Luca 12:2-3-2 Ma non c'è niente di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto. 3 Perciò tutto quello che avete detto nelle tenebre, sarà udito nella luce; e quel che avete detto all'orecchio nelle stanze interne, sarà proclamato sui tetti.-Colossesi 4:2-4--2 Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie. 3 Pregate nello stesso tempo anche per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola, perché possiamo annunziare il mistero di Cristo, a motivo del quale mi trovo prigioniero, 4 e che io lo faccia conoscere, parlandone come devo )– così nel rimanere sempre fedele al Signore nonostante subisse ancora pressioni esterni egli sarà condannato a morte per quanto riguarda il mondo terreno e la carne ma non per quanto riguarda Dio come vediamo infatti in molto passi della parola la sua non sarà una morte definitiva ( Romani 8:1-
Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù,-Filippesi 1:21-Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno.-1Pietro 3:17-18-17 Infatti è meglio che soffriate per aver fatto il bene, se tale è la volontà di Dio, che per aver fatto il male.18 Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte quanto alla carne, ma reso vivente quanto allo spirito.-Apocalisse 14:13-E udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono».-2 Timoteo 4:6-8-6 Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto. 7 Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. 8 Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione.)- così anche al momento del suo sacrificio avvenuto il 22 agosto 1550 nel castello di Ferrara (dove testimoniò con forza la sua fede personale in Cristo Gesù agli altri carcerati) in cui fu impiccato di nascosto (cercando così di evitare che la sua ultima manifestazione portasse frutti di gloria nel popolo che assisteva) e poi arso pubblicamente la memoria di lui non fu cancellata . La sua testimonianza e la sua morte temporanea in attesa della resurrezione sarà per Fanino Fanini solo un momentaneo passaggio di stato affinché possa poi godere della Gloria che il Signore ha promesso nella Sacra Bibbia ai suoi fedeli servitori ( Matteo 10:39-Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.-Matteo 16:24-25-24 Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25 Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà.-Romani 8:31-39-31 Che diremo dunque riguardo a queste cose?
Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? 32 Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? 33 Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. 34 Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. 35 Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? 36 Com'è scritto:
«Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno;
siamo stati considerati come pecore da macello».
37 Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. 38 Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, 39 né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.-1Tessalonicesi 4:16-perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo;- perché se anche le sue ceneri furono gettate nel fiume Po per cancellarne la memoria il suo seme non ha cessato di portare frutti nei secoli a venire (nelle nazioni straniere che hanno conosciuto la riforma il suo nome e il suo operare è molto conosciuto e usato come esempio di fede) anche se non in modo adeguato alla sua testimonianza qui nella sua Romagna . Per cui noi che siamo come Fanino Fanini uomini semplici ,i minimi a cui Dio ha dato l'opportunità di manifestarlo compiutamente nella sua Gloria come vediamo in: 1Corinzi 1:24-29-(24 ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; 25 poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.
26 Infatti, fratelli, guardate la vostra vocazione; non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; 27 ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; 28 Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, 29 perché nessuno si vanti di fronte a Dio.)-e nella scelta dei discepoli da parte di Gesù ( Luca 5:8-11-8 Simon Pietro, veduto ciò, si gettò ai piedi di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». 9 Perché spavento aveva colto lui, e tutti quelli che erano con lui, per la quantità di pesci che avevano presi, 10 e così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Allora Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». 11 Ed essi, tratte le barche a terra, lasciarono ogni cosa e lo seguirono.-Luca 5:27-32-
27 Dopo queste cose, egli uscì e notò un pubblicano, di nome Levi, che sedeva al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». 28 Ed egli, lasciata ogni cosa, si alzò e si mise a seguirlo.
29 Levi gli preparò un grande banchetto in casa sua; e una gran folla di pubblicani e di altre persone erano a tavola con loro. 30 I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai discepoli di Gesù: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?» 31 Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, bensì i malati. 32 Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori a ravvedimento».-Matteo 4:18-22-
18 Mentre camminava lungo il mare della Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello, i quali gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. 19 E disse loro: «Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini». 20 Ed essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. 21 Passato oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello, i quali nella barca con Zebedeo, loro padre, rassettavano le reti; e li chiamò. 22 Essi, lasciando subito la barca e il padre loro, lo seguirono.-Matteo 9:9-13
9 Poi Gesù, partito di là, passando, vide un uomo chiamato Matteo, che sedeva al banco delle imposte e gli disse: «Seguimi». Ed egli, alzatosi, lo seguì.
10 Mentre Gesù era a tavola in casa di Matteo, molti pubblicani e «peccatori» vennero e si misero a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11 I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?» 12 Ma Gesù, avendoli uditi, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13 Ora andate e imparate che cosa significhi: "Voglio misericordia e non sacrificio"; poiché io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori».) fra i pescatori,i pubblicani e gli ultimi;noi dobbiamo seguire l'esempio di Fanino in tempi più facili di libertà in cui in Italia non rischiamo più la vita per manifestare l' Evangelo ; dobbiamo farlo con più forza e costanza di ora in ogni circostanza ed opportunità che Dio ci da,dobbiamo essere un vero sale saporito e una vera luce manifesta nel mondo ( Matteo 5:13-16-13 «Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. 14 Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, 15 e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. 16 Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.) questo dobbiamo farlo anche con sacrificio ed umiltà in ubbidienza alla volontà divina consapevoli che avremmo fatto solo ciò che eravamo obbligati a fare come afferma Gesù in Luca 17:10(Così, anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è comandato, dite: "Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare"».)-Quindi non possiamo permetterci di essere passivi e pigri nella testimonianza ma dobbiamo essere sempre più dei ferventi portatori della verità come completi facitori del verbo .Così se Cristo e poi anche Fanino come limitato imitatore nelle sue conseguenze hanno dato la loro vita per i peccatori;quindi anche per noi e la nostra salvezza sta a noi ad imitarli come scritto in : 1 Giovanni 3:16-(Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.) per portare alla vita eterna in Cristo Gesù le genti a partire da Faenza fino alle estremità della terra dovunque il Signore ci chiama . Quindi non dobbiamo avere paura di sporcarci le mani testimoniando solo a chi ci piace o chi scegliamo secondo il nostro limitato giudizio ; ma andando verso i peccatori o gli emarginati senza pregiudizio come fece Gesù e molti suoi seguaci come Fanino Fanini (che testimoniò addirittura il puro vangelo in un convento di suore che poi si definirono luterane);così andiamo verso chiunque Dio porta sulla nostra strada che sia amico o nemico,benefattore o malfattore,simile o diverso,sapiente o ignorante,ricco o povero ….quindi apriamoci a tutti coloro che senza eccezione è morto nei propri peccati perché non possiamo negare l' opportunità di ricevere la grazia divina a nessuno,perché solo l' eterno conosce il cuore delle persone;lui sa se è fertile o indurito,noi dobbiamo solo seminare Lui raccoglierà i frutti,lui solo vivificherà i perduti,perché esclusivamente Gesù Cristo nella croce del Golgota può riscattare tutti indipendentemente dalla attuale situazione o condizione secondo i parametri del mondo se venendo a conoscenza della verità crederanno a Cristo sottoponendosi alla sua volontà ( Giovanni 3:16-Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.- Isaia 1:16-18-16 Lavatevi, purificatevi,
togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni;
smettete di fare il male;
17 imparate a fare il bene; cercate la giustizia,
rialzate l'oppresso,
fate giustizia all'orfano,
difendete la causa della vedova!
18 «Poi venite, e discutiamo», dice il SIGNORE:
«Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto,
diventeranno bianchi come la neve;
anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana.)-Sappiamo benissimo che con la guida dello Spirito Santo saremo in grado tutti di manifestare efficacemente Cristo utilizzando al meglio i carismi (1 Corinzi 12 ) donataci dall'Eterno come la sua perfetta armatura (Efesini 6 )ognuno con le proprie capacità,ognuno con i propri limiti ha questa opportunità;dobbiamo solo permettere al Salvatore di operare tramite noi come Dio fece con Gedeone ( Giudici 6-7-) Mosè (Esodo 3-4) e Geremia ( Geremia 1 ) esempi di servitori dell'Eterno che si ritenevano deboli e incapaci;i quali operarono grandemente e vittoriosamente sotto la sua guida come fecero altri personaggi fallibili presenti nelle scritture simili a noi dal punto di vista umano;loro ubbidirono con fede alla volontà divina come dovremo fare anche noi ai quali non manca nulla;per farlo; sappiamo solo che vicino a noi ci sono tantissime occasioni per rivelare nostro tramite Cristo nel luogo di lavoro,negli angoli delle strade,dove passiamo il tempo libero,dove abitiamo,in ogni luogo,in ogni occasione,in ogni tempo dobbiamo e possiamo rivelare la nostra diversità,la nostra peculiarità di figli eletti di Dio;facciamolo ognuno nella propria vita quotidiana anche se non siamo dottori della legge,profeti o predicatori ma persone limitate come Fanino Fanini che ha portato centinaia di persone di ogni ceto a ricevere Cristo come Signore e Salvatore in un periodo buio di persecuzione e corruzione,imitiamolo così facendo ci sarebbero tanti nuovi Fanino Fanini a manifestare la Buona Novella e Finalmente nella Romagna del ventunesimo secolo ci potrà essere un nuovo grande risveglio spirituale come ai suoi tempi a Faenza. Alziamoci dal nostro torpore e facciamo già da oggi, già da ora la volontà del Signore ,scegliamo di rischiare manifestando Cristo,preghiamo ora affinché possa accadere questo in ognuno di noi ,tu ed io non possiamo aspettare quando i nostri cari vanno verso la morte certa se non diamo loro l'opportunità di redimersi conoscendo la verità..Facciamo nostra la testimonianza di Fanino Fanini e pratichiamola concretamente senza timore scegliendo di farlo immediatamente..Quindi ora stiamo alcuni attimi in silenzio e preghiamo il nostro Signore Gesù Cristo affinché ci dia la capacità di essere veramente suoi strumenti efficaci e aiuti noi che facciamo parte del corpo della sua chiesa affinché possiamo partecipare attivamente e proficuamente alla sua vita e crescita alla Gloria del Signore specialmente in questo momento di difficoltà a Faenza,dimostriamo pubblicamente e con coerenza in ogni nostra azione e parola l'amore di cui ci ha benedetto Cristo e altri potranno beneficiare della sua grazia e misericordia tramite ciò e tramite noi sapendo che come dice il verbo ci sarà una grande festa in cielo per ogni peccatore pentito tornato alla vita come le parabole di Luca 15 testimoniano, oltre che ci verranno condonate grandi colpe portando salvezza dove è morte (Giacomo 5:19-20 ). Concludendo ringrazio il Signore di questa opportunità ,lodandolo e glorificandolo per la sua immensa e immeritata grazia,sia fatta la sua volontà nella nostra vita come è stata fatta nella vita del tuo servitore Fanino Fanini nostro simile nostro fratello nel tuo Santo Nome..Amen Un fraterno abbraccio a tutti dal vostro fratello
Barnabè Roberto
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ANDREA RELENCINI, LIBERO PENSATORE ROMAGNOLO
Sulla Rocca Comunale di Lugo è collocata una targa marmorea, dettata da Olindo Guerrini, che così reca: PIÙ CHE QUESTA PIETRA / DURI IL RICORDO DI / ANDREA RELENCINI / STRANGOLATO E BRUCIATO QUI PRESSO / NEL MDLXXXI / PER SENTENZA DELLA S.R. INQUISIZIONE / ED AMMONISCA CHE LA CHIESA NON TOLLERA / OMBRA DI LIBERTÀ.
La strada laterale destra della Rocca, quella che immette a Piazza Baracca è intitolata ad Andrea Relencini, figlio acquisito di terra romagnola, il cui martirio non potrà essere dimenticato.
Ma chi era Relencini? Aiutandomi con uno scritto di Ambrogio Bongiovanni (1848-1916) già Direttore della Biblioteca Trisi di Lugo, storico, amante degli eventi di Romagna, inizio dalla fine della vita del grande Modenese trapiantato e naturalizzato lughese.
Da una mattina d’estate dell’anno 1581 quando sotto un cielo limpido e sereno, già dalle prime ore, le strade polverose della Terra di Lugo si animano di persone giunte da ogni parte del contado, con ogni mezzo, fino a divenire una moltitudine che la si vedeva solamente nelle feste delle grandi città. Quale era la novità. Era corsa voce di un fatto eccezionale, mai accaduto a Lugo e cioè il supplizio di un empio, eretico, seguace di Lutero, condannato dalla santa Inquisizione. Nelle parole e dai volti della gente si intuiva sdegno, odio e ribrezzo per il condannato e tutti, salvo pochi, erano ansiosi di veder applicata la sentenza.
Nella piazza era stata preparata una catasta di legna disposta a squadra, necessaria per il rogo “purificatore” e la gente era ammassata all’esterno della Rocca in attesa che fosse calato il ponte levatoio per poter accedere alla piazza.
Con un rumor di catene il ponte viene abbassato e la gente prende posto ai lati della piazza in attesa di assistere a quell’evento che di li a poco determina la morte di un libero pensatore, ma prima di tutto di un uomo, messo a morte da altri uomini che nascondevano dietro la carità cristiana la loro crudeltà al limite del sadismo, solo perchè la pensava diversamente da loro e non voleva sottoporsi alla volontà dogmatica di una ingiustizia di egoisti, ambiziosi solo di potere.Cominciano con l’entrare nella piazza cento cavalieri in armi, i trombettieri che con i loro suoni fanno rabbrividire, uno stuolo di preti e frati con un gonfalone su cui è disegnata una croce irta di chiodi. Ecco poi entrare il potere rappresentato dai membri dell’ufficio dell’inquisizione, dai dignitari del sacro ordine domenicano, dal rappresentante del vescovo di Imola, dal commissario estense e così via con giudici, notai, anziani della comunità, valletti, cavalieri, sgherri ed altra gente armata.
Uno scabino sale sul palco dove già è stato portato il disgraziato a lato della forca e dà lettura all’atto d’accusa. Dopo ciò un frate si avvicina al condannato con una croce in mano esortandolo all’abiura ed al pentimento. Al rifiuto con la “fiera ostinatezza col dover obbedire alla intimazione del tribunale inquisitorio” da parte del condannato, un notaro del seguito legge le sentenza di morte. “Ei non tiene china ne tentenna la testa, e rifiuta di baciare un Cristo di legno, mentre lo porta nel cuore”.
Ad un gesto del giudice, la vittima viene presa in consegna dal carnefice per la ferale esecuzione. Viene impiccato e non si ode da lui un gemito o un lamento ed appena dati gli ultimi tratti di vita, viene tagliata la corda e gettato nella catasta di legna a cui è appiccata il fuoco. Eseguita la sentenza le sue ceneri vengono disperse perché di lui non resti niente.
Lugo conosce così la sua prima pagina gloriosa con il martirio di un uomo il cui peccato era di non essere “cattolico” e di non essersi sottomesso ai voleri della sacra romana chiesa. E questo senza potersi difendere, senza conoscere il nome degli accusatori, senza sapere quale colpa aveva commesso se non quella di non voler professare principi non contrari alla religione, ma a uomini che la deturpavano.
Della vita di Relencini si conosce poco, se non che era un uomo comune, uguale per condizione e dignità a qualsiasi altro uomo del tempo. Nato a Modena, di povera famiglia, con poca cultura, ma fermo assertore della dottrina di Lutero e pieno conoscitore dei “libri proibiti” sia di Lutero che di Didimo da Faenza, amante quindi delle letture filosofiche e morali.Divenne così un ribelle nei confronti della chiesa. Aderì a Modena all’”Accademia Letteraria” dove con Paolo Ricci iniziò a propagare le idee riformatrici della nuova credenza luterana. Il Duca d’Este, spinto dalla sacra Inquisizione iniziò una vera e propria repressione nei confronti degli aderenti all’accademia, incarcerandone alcuni, fra i quali il Ricci.
Gli altri affiliati furono costretti a scappare da Modena e fra questi il Relencini che dimorò a Lugo, continuando a propagare le proprie idee. Fu un uomo molto laborioso, che praticava l’arte del falegname e per questo fu chiamato maestro. Era considerato un uomo intelligente e colto, conoscitore delle scienze matematiche, si prodigò pure nel risolvere i problemi idraulici del territorio fra i quali la serrata della rotta del Senio fra Lugo e Fusignano.
Con il suo fare ed il suo conoscere era avversato da chi, per invidia, temeva la sua popolarità. Fu quindi “chiacchierato” e additato come seminatore di zizzanie, propagatore di scienze occulte, eretico perverso e per questo fu incarcerato.
Fu aperto nei suoi confronti un processo per aver rinnegato la santa fede facendosi luterano, oltre ad altri capi d’accusa per fanatiche arti diaboliche ed altre soperchierie, come era allora d’uso alla sacra inquisizione.
L’inquisizione sostenne che dovevano esserci “altri soci che con esso dovesse avere comunanza”, pretendendo dallo stesso il nome di altre persone di fede luterana. Infatti i delatori del Relencini l’accusarono che “altri seco lui aveano visto a confabulare e a convivere”.In nessuno dei casi fu mai porta prova e Relencini mai farà nomi, negando ogni rapporto con chicchessia, non volendo gravare la sua nobile e ferrea coscienza di alcun minino rimorso.
Il commissario ducale, in data 19 ottobre 1580 informava Alfonso d’Este che “Quel M... Andrea non ha per anco accusato alcuno, se bene ha questo inquisitore certi sospetti”.
Il Tribunale sosteneva la sua colpevolezza e l’invitò più volte a fare nomi, per la sua salvezza, altrimenti dovevansi applicare “giuste e severe leggi”.
Relencini non parlò e continuò imperterrito a sostenere le sue tesi, L’inquisitore lo fece torturare, con la prova del fuoco, con la speranza di carpirgli una confessione, ma Andrea non accusava nessuno.
Scriveva così il commissario ducale in data 3 novembre 1580: “si trova hormai come ispedito dall’inquisizione, et tormentato con fuogo non ha accusato alcuno et se ne sta ostinato nella sua perversa opinione, si che si disputa se dee essere abbrugiato, o pure condannato a carcere perpetua et aspettasi credo risolutione da Roma”.
Scriveva nuovamente il commissario al Duca d’Este, in data 9 novembre 1580: “L’inquisitore a questo M... Andrea Relencini ha assignato 40 giorni di tempo a pentirsi e ritornare alla Sua Madre Chiesa et per quello che mi ha detto ha havuto commissione da Roma d’ispidirlo onde dubito che sia per farlo abbruciare, perché esso inquisitore fra questo viene costì per parlare a V.A.S. desideroso di fargli anche condurre il prigioniero”.
L’inquisitore, frate Angelo da Faenza si reca a Lugo per redigere la confessione del Relencini, ma per l’ennesima volta M... Andrea non parla. Il commissario ducale avvisa il Duca dell’esito avuto da frate Angelo chiedendo il da farsi per ottemperare alla sentenza pronunciata dall’inquisizione. Il Duca prende tempo e non risponde, ma l’11 luglio 1581 il commissario invia al Duca il seguente messaggio: “l’inquisitore ha deliberato domenica prossima dare la sentenza di M... Andrea Relencino in S.to Domenico con l’intervento del Vicario del vescovo di Imola et altri, di che non ho mostrato curarmi”.
Il resto della storia l’ho spiegata all’inizio.
Termino questo mio breve ricordo di Relencini con una citazione di un grande scienziato. Albert Einstein. “Non posso immaginare un dio che premi o punisca gli oggetti della sua creazione, i cui fini siano modellati sui nostri – un dio, in breve, che non è che un riflesso della fragilità umana”.
Ugo Cortesi
(da Italia Laica.it)
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Firpo Massimo, Riforma protestante ed eresie nell'Italia del Cinquecento. Un profilo storico, Laterza
Quaggiotto Andrea, Roghi eretici. La riforma protestante a Chieri, Ananke
Riforma protestante e cattolica. Dal 1500 al 1700, Paoline Editoriale Libri
La Chiesa e la sua storia. Vol. 7: Riforma protestante e cattolica. Dal 1500 al 1700, Jaca Book
Storia del cristianesimo. Religione, politica, cultura. Vol. 7: Dalla riforma della Chiesa alla Riforma protestante (1450-1530), Borla
Storia del cristianesimo. Religione, politica, cultura. Vol. 9: L'età della ragione (1620/30-1750), 2003, Borla
Storia del cristianesimo. Religione, politica, cultura. Vol. 8: Il tempo delle confessioni (1530/1620-30), 2001, Città Nuova
Storia del cristianesimo. Religione, politica, cultura. Vol. 6: Un tempo di prove (1274-1449), 1998, Città Nuova
Mussgnug Florian, Lutero. Il padre della Riforma protestante, 2008, Giunti Editore
Coggi Roberto, La riforma protestante. Vol. 2: Martin Lutero, 2004, ESD-Edizioni Studio Domenicano
Di Tommaso Leo S., Dissidenza religiosa e riforma protestante in Valle d'Aosta, 2008, Sarteur
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ANDREA RELENCINI CHI ERA COSTUI ?
Nome e Cognome Andrea Relencini
Modena ? - Lugo, Ra 1581
Falegname, competente anche di idraulica e altre tecniche, aderì a Modena all’Accademia Letteraria dove, con Paolo Ricci, iniziò a propagare le idee riformatrici luterane. Il duca d'Este arrestò il Ricci, mentre Relencini si rifugiò a Lugo. Qui fu in seguito arrestato e torturato perché accusasse suoi complici nell'eresia. Andò al rogo pur di non rinnegare la sua adesione al protestantesimo (notizie fornite da Ugo Cortesi).
È da notare la forza espressiva dell'epigrafe dettata dal poeta Olindo Guerrini.
(Testo)
PIÙ CHE QUESTA PIETRA
DURI IL RICORDO DI
ANDREA RELENCINI
STRANGOLATO E BRUCIATO QUI PRESSO
NEL MDLXXXI
PER SENTENZA DELLA S.R. INQUISIZIONE
ED AMMONISCA CHE LA CHIESA NON TOLLERA
OMBRA DI LIBERTÁ
OLINDO GUERRINI
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Lugo 1 novembre 2001-Ricordo di Andrea Relencini
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Invito:
Forlì 20 Ottobre 2001
Cari fratelli e care sorelle
ho avuto un invito a partecipare da alcune associazioni comuniste e laiche che organizzano per il 1 novembre p.v. alle 16,30 presso una lapide dettata da Olindo Guerrini posta nella rocca di Lugo un omaggio ad un evangelico Andrea Relencini messo al rogo nella piazza vicina dall'inquisizione (1581) per la sua fede;questo deve essere occasione di testimonianza dato che nel comunicato stampa è annunciata la presenza di evangelici da Forlì che vorrebbero imitare i credenti di Antiochia (Atti 11:19-26 ,19 Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di Stefano, andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunziando la Parola solo ai Giudei, e a nessun altro. 20 Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio del Signore Gesù. 21 La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al Signore.
22 La notizia giunse alle orecchie della chiesa che era in Gerusalemme, la quale mandò Barnaba fino ad Antiochia. 23 Quand'egli giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò, e li esortò tutti ad attenersi al Signore con cuore risoluto, 24 perché egli era un uomo buono, pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla molto numerosa fu aggiunta al Signore.
25 Poi Barnaba partì verso Tarso, a cercare Saulo; e, dopo averlo trovato, lo condusse ad Antiochia. 26 Essi parteciparono per un anno intero alle riunioni della chiesa, e istruirono un gran numero di persone; ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani.).Invito chiunque è disponibile a collaborare con me a contattarmi perchè non non mi è possibile farlo senza aiuto con efficacia,chiedo anche la preghiera necessaria assieme alla guida dello Spirito Santo per questa semina presso persone ora lontane da Cristo.In attesa di vedervi numerosi fraterni saluti in Cristo
da Barnabè Roberto
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Testimonianza da me scritta e distribuita il 1 novembre 2001 a Lugo:
Noi evangelici vorremo partecipare a questo omaggio a Andrea Relencini per testimoniare a Lugo la stessa fede di questo uomo del 16° secolo ucciso nel 1581 dall'intolleranza manifestata dalla cosidetta Santa Inquisizione,come braccio secolare del potere temporale della chiesa cattolica che ha impedito che le persone che volevano ritornare ad una fede coerente con le sacre scritture e alla Buona Novella di grazia di Cristo Gesù potessero testimoniare ciò alle genti italiane con persecuzioni,massacri e discriminazioni;dando così una testimonianza falsa del cristianesimo anche con corruzioni,facili costumi e abuso di una religiosità ipocrita che ha allontanato le persone dalla fede da loro manifestata.Noi quindi vorremo manifestare il reale messaggio di libertà di Cristo Gesù,in cui gli ultimi secondo i parametri del mondo saranno i primi e le ricchezze materiali non serviranno a nulla di fronte a Dio;tutto ciò è nascosto alla conoscenza comune dal pseudocristianesimo imperante in Italia anche nel potere politico e di governo esercitato nel suo nome (Terzo comandamento:non usare il nome del Signore Iddio tuo invano);questa Buona Novella noi lo vorremo portare senza condizionamenti umani in quanto sottoposti solo all' autorità di Cristo anche in questa città in cui le persone non lo conoscono come non conoscono chi fosse Andrea Relencini o Fanino Fanini,martiri come testimoni della loro fede in Romagna;per noi è importante rendergli omaggio in questi giorni perchè il 31 ottobre è il giorno della Riforma che ricorda l'inizio del protestantesimo con l'affissione delle 95 tesi di Lutero nella cattedrale di Wittemberg (1517) contro la vendita delle indulgenze da parte della chiesa di Roma: in quanto secondo ciò che la Bibbia manifesta chiaramente a tutti quelli che la leggono senza condizionamenti;la salvezza è assolutamente gratuita e ottenuta per la sola Fede nel sacrificio di Cristo,per la Grazia di Dio senza che l'uomo o alcuna chiesa abbiano parte alcuna.Ringraziando gli organizzatori di questo omaggio come persone che vorremmo testimoniare a Lugo la stessa fede di Relencini,senza che preconcetti politici possano impedircelo in quanto crediamo alla totale separazione del nostro credo personale in Cristo Gesù ad una idealità politica secondo una giusta e coerente etica evangelica,per questo ci siamo resi disponibili a partecipare a questa iniziativa in piena libertà per ubbidire al grande mandato di Cristo (Matteo 28:18-20:18 E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. 19 Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente».)verso chiunque in ogni luogo (quindi anche qui a Lugo dove non esiste presenza evangelica organizzata)e rendere a questo fratello in fede morto per la sua testimonianza in tempi bui il giusto onore;senza però porlo agli onori degli altari secondo la visione cattolica,perchè Lui fu un santo come lo sono molti di noi servitori del Signore appartati per lui;in quanto però all'adorazione va riservata però unicamente a Dio nella sua totalità(Padre,Figlio e Spirito Santo) mai ad una creatura seppure la migliore come mai va data ad ad un idolo fatto da mani d'uomo (statue,immagini etc..)Rendo un sentito grazie per l'invito agli organizzatori da parte sia della mia comunità evangelica di Forlì (via Locchi) che da parte di tutti gli evangelici romagnoli.
Barnabè Roberto
Lugo-1-Novembre-2001